La magia del prodotto filmico è creata da vari elementi amalgamati tra loro: regia, scenografia, recitazione, sceneggiatura e tante altre cose. Uno di questi elementi essenziali alla riuscita del film è il montaggio, il quale permette di attribuire uno specifico linguaggio e donare ritmicità alla narrazione. Detta in parole estremamente semplici il montaggio equivale a una sorta di momento di découpage in cui si tagliano e si incollano le inquadrature precedentemente filmate. Quando un regista gira un film può decidere di creare una scena in cui non si ha bisogno di tagli finali, questo caso è detto piano sequenza. Si ha un piano sequenza quando c’è una totale continuità tra lo spazio e il tempo della narrazione. Ai giorni nostri a volte questa tecnica è utilizzata come mero sfoggio registico, ma inizialmente era utilizzata soprattutto per creare questo senso di continuità, che permetteva al regista di concedere allo spettatore la più totale illusione di essere immerso all’interno della storia. Effettivamente se ci pensiamo il piano sequenza (una scena priva di tagli quindi) aiuta chi sta guardando ad avere la sensazione di essere all’interno della scena, come se vivesse in prima persona la storia e guardasse, attraverso lo spostamento del proprio corpo e della propria testa, l’evento.
Negli ultimi anni ci sono stati alcuni esempi di piani sequenza interessanti, in fondo attraverso questa scelta registica si possono narrare momenti differenti. Si può giocare con la telecamera così come con lo spettatore, oppure si può narrare un momento estremamente crudo e dare maggiore risalto all’accaduto. Quest’ultimo è il caso del film Atonement di Joe Wrigth, del 2007, in cui il regista sceglie di narrare il difficile momento dell’evacuazione di Dunkerque. In un piano sequenza spettacolare, lungo e magistralmente diretto, Joe Wright riesce a raccontare la potenza della devastazione della spiaggia al confine tra Belgio e Francia. In questa scena, lunga quasi cinque minuti, lo spettatore si perde all’interno della narrazione, entra in totale empatia con la drammaticità della scena e forse, ad una prima visione, nemmeno si accorge della meravigliosa e difficile scelta registica. James McAvoy, che interpreta il soldato Robbie Turner, guida la telecamera, la quale a sua volta guida l’occhio dello spettatore attraverso un racconto potente, toccante, profondo e spettacolare.
Esistono casi in cui la tecnica del piano sequenza viene elevata al suo massimo livello, film in cui tutto si basa sull’abilità del regista, degli attori (basti pensare che all’interno di una scena girata con questa tecnica è necessario che nessuno sbagli la propria battuta, altrimenti bisogna rigirare tutto da capo), del direttore della fotografia e così via. Insomma in un piano sequenza si spera sempre che sia “buona la prima”. Il regista messicano Alejandro Iñárritu nel suo film, pluripremiato agli Oscar 2014, Birdman or (The Unexpected Virtue of Ignorance) ha creato un film estremo. In questo lungometraggio l’effetto che il regista vuole trasmettere è che l’intera narrazione, lunga quasi due ore, sia un unico piano sequenza. La realtà è che il film è composto da lunghissimi e articolati piani sequenza, fusi tra loro. Questo interessante prodotto filmico merita di essere visto per la storia, per l’abilità degli attori e per lo straordinario effetto iper realistico che questa scelta registica regala.
In Baby Driver di Edgar Wright, il piano sequenza segue sulle note di Harlem Shuffle, il protagonista Baby, interpretato da Ansel Elgort, per le strade di Atlanta. Nel corso di questa camminata\coreografia vediamo Baby, alias Miles, interagire con lo spazio attorno a lui, lo spettatore divertendosi canta insieme a lui – grazie all’intelligente espediente che affianca ai titoli di testa le parole della canzone, che compaiono a volte nei murales e altre volte sui volantini della città. Baby Driver è un film fresco, con un montaggio veloce, che segue le note della spettacolare colonna sonora e che si appoggia al giovane e talentuoso protagonista Ansel Elgort. Questa scelta registica iniziale è la premessa di un film allegro, ben girato e ben interpretato ed è la conferma del fatto che non sempre un piano sequenza serve ad aumentare la drammaticità ed empatia con la scena. A volte può essere un buon livello di puro e semplice intrattenimento.
Nel caso te lo fossi perso…
- Atonement, Joe Wright, 2007
- Birdman or (The Unexpected Virtue of Ignorance), Alejandro Iñárritu, 2014
- Baby Driver, Edgar Wright, 2017
In questo momento puoi trovare i seguenti film su…
Sky Cinema Italia:
[…] la bravura del regista americano. Vi ho già spiegato l’importanza di una tecnica registica (Piano sequenza, ovvero l’illusione di essere dentro al film) chiamata piano sequenza. Questo metodo crea una continuità tra la scena girata e le emozioni […]
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[…] a questo capolavoro, diretto da Joe Wright, del quale vi ho già parlato e consigliato nel mio post Piano sequenza, ovvero l’illusione di essere dentro al film, ho conosciuto e mi sono avvicinata al lavoro di James McAvoy. In seguito ho iniziato a guardare […]
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[…] romanzo scritto da Ian McEwan. Vi ho già consigliato questo titolo in due mie precedenti post: Piano sequenza, ovvero l’illusione di essere dentro al film e James […]
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[…] la prima volta, vi invito a scoprire una delle mie pellicola preferite attraverso i seguenti link: Piano sequenza, ovvero l’illusione di essere dentro al film, James McAvoy, Lo straordinario nell’ordinario, Saoirse Ronan e Tre film, due […]
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[…] L’articolo di questo lunedì, dedicato al mondo della settima arte, si ricollega a un post che ho scritto un po’ di tempo fa. Dal momento che non mi va di risultare ripetitiva vi consiglio caldamente di andare a rileggerlo. Per farlo dovete semplicemente cliccare il seguente titolo: Piano sequenza, ovvero l’illusione di essere dentro al film. […]
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[…] in cui vi racconto dell’importanza del ritmo filmico vi invito a cliccare i seguenti titoli: Piano sequenza, ovvero l’illusione di essere dentro al film e L’esistenza silenziosa del Montaggio. Infine, come dicevo prima, è impossibile non elogiare la […]
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