Ebbene si, oggi tenterò quella che potrebbe essere definita una vera impresa impossibile. Cercare di farvi avvicinare al talento indiscusso e globalmente riconosciuto di Sir. Anthony Hopkins attraverso solo alcune delle sue interpretazioni. Inizio con l’affrontare uno dei suoi personaggi più famosi in assoluto: il dottor Hannibal Lecter. Per chi si imbattesse per la prima volta nel mio blog devo fare una piccola premessa: adoro, grazie all’influenza di mia mamma, tutto ciò che riguarda questo personaggio. Tuttavia sebbene mia mamma si sia avvicinata a questa mitica figura letteraria, cinematografica e televisiva, proprio grazie all’interpretazione di uno dei suoi attori preferiti, io me ne sono completamente innamorata grazie alla versione televisiva che ne ha dato Mads Mikkelsen. Ho quindi letto i libri e il testo Hannibal è immediatamente diventato uno dei miei due libri preferiti in assoluto. Se anche voi amate questo personaggio e questa incredibile storia o vi volete avvicinare e scoprirla meglio, allora vi invito ad andare a leggere le due recensioni che ho fatto. La prima le recuperate cliccando sul nome dell’attore danese che vi ho poc’anzi citato e l’altra, che riguarda la serie televisiva (la mia preferita) la potete trovare cliccando QUI. Fatta questa piccola premessa non voglio certo dire che l’interpretazione che ha dato Hopkins del cannibale più famoso di sempre non sia da elogiare. Anzi, è praticamente perfetta: tagliente, inquietante, attraente per certi versi e accattivante. Eppure personalmente preferisco la versione televisiva, anche perché la serie rende omaggio ai libri e li cita con una tale precisione e devozione che i film, se paragonati ai testi di Thomas Harris, devo dire che impallidiscono un po’. Tuttavia ripeto, non può esserci un metro di paragone se non si guarda Anthony Hopkins diventare Hannibal the Cannibal!
Ma ampliamo i nostri orizzonti e attraversiamo la brillante e impareggiabile carriera di Anthony Hopkins grazie a titoli come: Bram Stoker’s Dracula (che ritrovate all’interno del mio articolo Vampiri: la memoria del tempo), Meet Joe Black (presente all’interno del mio post Tre monologhi maschili Imperdibili), Amistad (analizzato e citato nell’articolo dedicato a Morgan Freeman), Howards End, The Remains of the Day, The Human Stain (che trovate all’interno dell’articolo che ho dedicato alla mia attrice preferita: Nicole Kidman), Hearts in Atlantis, Fracture (citato all’interno del mio post Legge, verità, giustizia e cinema) ma anche, e direi soprattutto, The Elephant Man. Questa pellicola non posso non citarla per svariati motivi. Siccome il mio blog nasce soprattutto dalla mia passione e dalla voglia che ho di raccontarvi il meraviglioso mondo dell’audiovisivo, attraverso la mia personale visione, devo raccontarvi un piccolo aneddoto che riguarda questa pellicola di David Lynch.
Riesco a guardare davvero di tutto, ci sono poche pellicole che mi turbano, osservo senza problemi film horror e scene violente. Ho avuto un problema solo con la visione di una pellicola di Peter Greenaway – della quale vi parlerò in un’altra occasione e con The Elephant Man. Se la prima mi ha turbata per il disgusto che mi ha provocato, la seconda mi ha devastata per la potenza del racconto. La crudeltà umana è resa così bene che per una sola volta in vita mia mi sono costretta a pensare: “stai solo guardando un film, non è reale. Ciò che osservi non lo stanno davvero facendo al personaggio. È finzione!”. Questo ovviamente riguarda me soltanto e non vi sto dicendo che la pellicola provoca questo effetto a tutti. Dovete sapere che, all’interno della finzione cinematografica, la violenza fisica non mi turba, in quanto riesco sempre a percepirla come finzione ma quella psicologica la trovo assolutamente devastante. Essendo una persona molto empatica trovo difficile, soprattutto quando dietro alla macchina da presa c’è un vero maestro della regia e gli attori sono degni di questo nome, riuscire a staccarmi da ciò che vedo. Dunque le crudeltà inflitte all’animo del personaggio diventano un po’ le mie. Tuttavia di solito riesco, tra una lacrima e l’altra, a procedere con la visione senza troppi problemi ma con The Elephant Man la storia è stata ben diversa. Tutta la pellicola è estremamente triste e violenta ma c’è stata in particolar modo una scena (che non vi vado certo a spoilerare) che mi ha turbata e che mi ha spinta a costringermi a ricordare che non era reale ciò che stavo osservando. Questo è uno di quei film che consiglio sempre a tutti poiché secondo me sono davvero poche le pellicole che riescono a essere così incisive e inclusive. Cinema è arte. Ricordatevelo sempre. L’arte suscita emozioni e reazioni. Non importa di che natura siano. Finché sapranno far reagire il pubblico significa che riescono nel loro intento basilare. E ricordate ancora una cosa: perché l’arte visiva sia così totalizzante c’è bisogno di una buona storia, di un’ottima regia, di una perfetta collaborazione tra sonoro e illuminazione e, in ultima battuta, di attori grandiosi. Anthony Hopkins è stato, è e sarà sempre questa certezza. Quindi indipendentemente da ciò che vi ho consigliato oggi, scegliete un film della sua filmografia che preferite e godetevi lo spettacolo della sua arte: non ne rimarrete delusi!
Nel caso te lo fossi perso…
- The Elephant Man, David Lynch, 1980
- The Remains of the Day, James Ivory, 1993
- Amistad, Steven Spielberg, 1997
- The Human Stain, Robert Benton, 2003
[…] Pronti per fare un viaggio virtuale all’interno della cinematografia? Dunque incominciamo con Sir Anthony Hopkins (per recuperare l’articolo dedicato a questo straordinario interprete cliccate sul suo nome): i […]
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