Queen & Slim, l’opera prima di Melina Matsoukas, presentata alla trentasettesima edizione del Torino Film Festival, è un film on-the-road, un viaggio all’interno dell’America e della coscienza comune. Il lungometraggio, che si presenta fin da subito bene, trasporta lo spettatore in un vortice infinito, lungo una discesa dalla pendenza troppo ripida per risalire. L’intera trama si sviluppa dopo un evento banale e comune come un appuntamento. Questo è il punto iniziale, è anche il momento in cui i due protagonisti, interpretati da Daniel Kaluuya (il volto principale della pellicola Get Out) e da Jodie Turner-Smith, si incontrano per la prima volta. L’incipit che narra una cosa così comune subisce una drastica svolta poco dopo. Da questo momento nulla è più come prima: i personaggi, il metodo narrativo, tutto cambia colore e prende la forma che il regista, al suo esordio alla regia, vuole dare alla sua storia. Il viaggio è fisico e spirituale. Il tragitto che percorre lo spettatore non è certo uno dei più felici. Insieme con i due giovani protagonisti si ha un punto di vista differente sull’America.
I due protagonisti, dopo aver cenato, mentre si stanno dirigendo verso casa vengono fermati da una pattuglia della polizia. Ciò che si potrebbe accantonare con una semplice multa diviene l’inizio di un vero incubo. Il razzismo, la paura di essere giudicati in base al colore della pelle, la memoria troppo viva di un triste passato che non fa che ripetersi accompagna tanto i due giovani quanto lo spettatore. Queen & Slim inizia così a mostrare il suo vero volto. Non è un film romantico, non narra di un incontro e nemmeno di un appuntamento andato male. No, il film parla della paura. Racconta di come la stessa realtà può essere vista e interpretata differentemente in base a chi la osserva e a chi la vive. La meravigliosa colonna sonora accompagna lungo questo viaggio improvvisato e disperato i due protagonisti. Quando cambia il paesaggio, assumendo colori e forme differenti, a seconda del Paese in cui i due sfortunati ragazzi si trovano, la musica prende vita. Si adatta in base alla terra, all’umore e i colori che fanno da sfonda alla scena.
Allo stesso modo si passa dal provare simpatia per i due ragazzi, capendo e comprendendo i loro cuori, al detestare profondamente ciò che il razzismo può fare. Questa volta però le due vittime non ci stanno, sono giustamente stufe di subire ingiustizie e falsi processi. Ecco dunque che inizia la fuga. Il viaggio, che passa dall’essere disperato, quasi soffocante e claustrofobico a momenti in cui pare che ci si possa rilassare e tirare un sospiro di sollievo, è il vero protagonista del film. il volto dell’America, quella che ha due versioni per ogni storia è la vera narrazione del lungometraggio. Non sono importanti tanto i due protagonisti quanto ciò che sono e che cosa rappresentano. Due ragazzi normali, che vengono troppe volte giudicati solo per il colore della loro pelle. Poco importa che lui sia un uomo di fede o che lei, oltre a essere un bravo avvocato sia anche una bellissima ragazza. Nessuno li guarda per quello che sono: esseri umani. Lo spettatore però può e deve farlo. Empatizza e soffre per e con loro. Tuttavia il viaggio, o per meglio dire, la fuga dei due giovani protagonisti di Queen & Slim sebbene funzioni benissimo fino a poco dopo la seconda metà della pellicola, verso la fine inizia ad assumere i toni dell’esagerazione. Il film di Melina Matsoukas riesce perfettamente nel suo intento fintanto che non sfiora in certi momenti l’improbabile. Sarebbe bastato alla fine fare un piccolo gioco di sottrazione, come avviene all’inizio per risultare del tutto convincente. Invece l’esagerazione e la voglia di far sentire la rabbia (che viene gridata e percepita benissimo dal pubblico) prende il sopravvento. Purtroppo così facendo la conclusione della pellicola perde di tono e di credibilità. L’intento del regista è ben chiaro e anche assolutamente condivisibile. C’è bisogno di questi film, che ricordano al mondo le ingiustizie. Però bisogna anche capire quando il troppo stroppia e questa pellicola ne è la dimostrazione lampante. Funziona sì, per quasi tutta la proiezione, però alla fine l’esagerazione fa perdere di intensità alla storia e in questo modo il messaggio di Queen & Slim viene quasi dimenticato da un pubblico troppo abituato a ricordare solo la fine. Sarebbe bello se per una volta, vista la giusta causa e il messaggio di cui si fa portatore questo film, gli spettatori si ricordassero l’inizio.