Reservoir Dogs è il primo lungometraggio di Quentin Tarantino. Questo film, che è stato distribuito in Italia con il titolo Le iene, ho avuto modo di recensirlo in università. Essendo passati alcuni anni da questo mio esercizio di scrittura ho deciso di condividerlo con voi. So bene che il mio blog nasce con lo scopo di parlare a tutti e con tutti di audiovisivo tuttavia, con un pizzico di orgoglio (e nostalgia forse), ci tengo a mostravi un altro lato del mio modo di scrivere. Più professionale ma non per questo più noioso o difficoltoso. Non mi resta che augurarvi una buona lettura.
La radio sul palcoscenico
“Siete sempre sintonizzati su Super Sounds degli anni Settanta”. È con questa radio che il regista Quentin Tarantino (al suo esordio in un lungometraggio) decide di raccontarci, o meglio mostrarci, le sue Iene. La cornice musicale di questo film è tutta incentrata sugli anni ’70, ma forse è più corretto dire che è il film stesso a essere la colonna sonora del cd; uscito con le musiche scelte e amate dal regista. Già perché, com’è abitudine di Tarantino, il cd include anche alcuni dialoghi estratti dalla pellicola. Allora viene da domandarsi se sia più un film o una radio quella che ci apprestiamo a vedere sullo schermo: stiamo guardando una storia o la stiamo sentendo raccontare dalla calda e attraente voce dello speaker radiofonico, accompagnato dalla musica tipica di quel decennio? Qui di seguito non si pretenderà di dare una risposta esaustiva alla domanda, ognuno sarà libero di dare la propria personale interpretazione alla fine della visione. Tuttavia si cercherà di aiutare lo spettatore a godere maggiormente di questo innovativo film, con una breve analisi, soffermandosi su tre momenti in particolare.
Teatro o radio?
Los Angeles. Il malavitoso Joe per rapinare una gioielleria assolda un gruppo di criminali, che non si conoscono nemmeno tra di loro e sono stati ribattezzati con i nomi dei colori: Mr. White, Mr. Orange, Mr. Blue, Mr. Pink, Mr. Blonde e Mr. Brown (interpretato dallo stesso Tarantino). Il colpo non va secondo i piani così sono costretti a separarsi e ritrovarsi, un po’ per volta, nel luogo prestabilito dopo il colpo: un garage vuoto e abbandonato. O un teatro? Ed ecco che subito dopo 10’ di pellicola ci troviamo di fronte a un vero e proprio dilemma, è una scena di teatro o è un racconto radiofonico, come invece sembra suggerirci lo speaker subito dopo la prima scena? I personaggi non escono mai dal garage se non per brevi momenti e così noi veniamo a scoprire i fatti precedenti grazie a una serie di flashback dei vari componenti del gruppo. Ma ancora prima dell’inizio ci accorgiamo che il regista ci invita non solo a vedere ma, forse soprattutto, ad ascoltare. Il lungo dialogo che precede i titoli di testa avviene in un bar, in cui i protagonisti sono comodamente seduti, visivamente non accade quasi nulla ma veniamo colpiti ugualmente, come se stessimo assistendo a una sparatoria cinematografica. Il linguaggio abbastanza colorito ed anche un po’ volgare, unito al senso stesso del discorso, ci incuriosisce e ci permette di desiderare maggiore silenzio intorno a noi, per capire dove finirà il discorso degli attori o per alzare il volume della radio?
Supporto del visivo
Mr. Orange deve raccontare una storia, la sua storia. Inizia a prepararsi, lo vediamo ripetere (recitare?) a casa da solo, su di un tetto e in un vecchio e sporco teatro all’aperto in cui il suo capo è seduto e lo osserva dal basso verso l’alto, come uno spettatore. Quando la storia è diventata sua e lo vediamo raccontarla (o sarebbe sempre meglio dire recitare?) ad alcuni dei suoi complici criminali, vediamo improvvisamente che questa prende vita e così il racconto viene supportato dalle immagini: il bagno non è più solo un’immaginazione del personaggio ma è lì, davanti ai nostri occhi. Tuttavia la scena non è completa, non è lineare, come dovrebbe essere un ricordo o un flashback, ed è lo stesso attore a ricordarci che quello che stiamo guardando (o ascoltando?) non è reale: è finzione, è teatro. Altrimenti come potrebbe Tim Roth recitare davanti ai poliziotti immobili come degli spettatori? Momento di puro teatro dunque? Beh, in fondo è lo stesso capo a confermare i nostri dubbi e quelli di Mr. Orange: “è una scena, memorizzala!”
Supporto del sonoro
Quando vediamo Michael Madsen, alias Mr. Blonde, non più sotto il controllo dei suoi complici e libero di tirare fuori tutto il suo sadismo ai danni di un povero giovane poliziotto, lo osserviamo infliggere torture a ritmo di musica rock: suono a supporto delle immagini? Il brano non è extradiegetico, come spesso accade nei film in queste occasioni, anzi: “Stuck in the middle with you” è voluta e cercata dallo stesso torturatore per avere una sorta di cadenza, per darsi un ritmo su cui muoversi come un attore su un palcoscenico. Ancora una volta: teatro e radio.
Fruizione plurisensoriale
Sembra quindi che la visione del film per Quentin Tarantino debba essere un’esperienza plurisensoriale: un film da vedere e ascoltare, quale dei due venga anteposto non è dato saperlo.
Un cosa è certa, la fruizione di questo film è qualcosa di speciale, è come andare a teatro e a un concerto contemporaneamente. Attimi di grande musica e grandi momenti di recitazione. Per funzionare questo film ha bisogno di entrambi ed è lo stesso Tarantino a ricordarcelo: “per fare questo lavoro devi essere un grande attore, devi essere naturale”. Non si può che concludere invitando i lettori alla visione (non nel senso banale e comune) della pellicola, domandandogli: “Tu ascolti mai Super Sound degli anni Settanta?”
bellissima recensione^^
sempre su cose che non conosco xD
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Grazie 😊 “Reservoir Dogs” resta il mio film preferito di Tarantino! Quindi te lo consiglio assolutamente 😊
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