Vi siete mai domandati se il cinema, mezzo plurisensoriale e una delle arti che per eccellenza vive grazie al lavoro di un gruppo di persone, sia in grado di rappresentare qualcosa di così intimo come la solitudine? Certo non è facile ma la risposta è che si, può e ci riesce anche molto bene quando gli elementi che compongono la pellicola interagiscono tra di loro alla perfezione. Anzitutto c’è bisogno di un volto, di un attore che sia in grado di portare dietro lo schermo le sofferenze, le paure, le angosce e tutto ciò che implica lo stato d’animo che abita all’interno di una persona isolata. Dunque l’attore, un buon – se non ottimo performer. In secondo luogo ci vuole un occhio esterno in grado di guidare il pubblico all’interno dell’animo del soggetto che sta osservando. Quindi entrano in gioco la regia, il montaggio e la fotografia – che con il giusto tono di colori riesce molto spesso a dare vita da solo a sentimenti ed emozioni. Quindi non può certo mancare una storia, un racconto che sia in grado di far comprendere anche ciò che non viene detto. L’elemento trainante che porta lo spettatore ad alienarsi insieme al protagonista è un altro di quegli elementi essenziali affinché il film risulti convincente.
Capite bene dunque che se tutti questi elementi sono da sempre fondamentali per riuscire a creare un buon lungometraggio quando si affronta il tema della solitudine sono ancora più essenziali. L’alienazione del personaggio deve risultare non solo credibile ma anche comprensibile. Quindi c’è bisogno di un ottimo lavoro di squadra. Un’altra tappa essenziale è che il lavoro finale non risulti noioso e privo dunque dell’elemento che tiene legato a doppio filo il protagonista allo spettatore. Sono molteplici quindi i fattori da tenere bene a mente e sotto controllo durante il processo che si crea per plasmare un film che verte sul tema, tra le altre cose, della solitudine e dell’alienazione. Tra i molteplici lungometraggi che ritengo siano prodotti validi e che trattano di questo tema ho deciso di sottoporre alla vostra attenzione due titoli decisamente differenti tra di loro. In questo modo, grazie a questi due film desidero farvi notare come un tema così intimo, come la solitudine appunto, possa abitare all’interno di lungometraggi differenti ed essere mostrato in svariati modi.
Il primo titolo che vi consiglio di recuperare se siete interessati a questo tema è Wakefield. In italiano il titolo per intero è Wakefield – Nascosto nell’ombra. Il film, tratto da un racconto che a sua volta è stato ispirato da uno scritto di Nathaniel Hawthorne, vanta come protagonista il sempre superbo Bryan Cranston (protagonista di Breaking Bad – cliccate QUI per leggere la mia recensione della serie televisiva). Questo lungometraggio è sconcertante: lo spettatore fatica a comprendere le scelte del suo protagonista. O per meglio dire le comprende ma non può giustificarle. Quindi entra in gioco uno strano meccanismo all’interno di questo film grazie al quale il pubblico è incuriosito e ammaliato. È quasi impossibile identificarsi del tutto con le scelte che compie il suo protagonista ma è altrettanto difficile distogliere lo sguardo. La solitudine avvolge come una coperta questa pellicola, che gioca anche con un tema caro alla settima arte, ovvero quello del voyeurismo. Il tutto è condito dalla spasmodica curiosità dello spettatore a scoprire come finirà la storia e dalla bravura di Bryan Cranston.
Il secondo lungometraggio che desidero menzionare è completamente diverso. Ad Astra infatti è un film di fantascienza che racconta di un viaggio verso il futuro che è anche passato. È un andare avanti ma anche un tornare indietro. Il futuro è legato a doppio filo con il passato. Padre e figlio. Legami spezzati e rapporti svaniti. Anche in questo caso, come accade con i migliori titoli, sono numerose le tematiche che vengono affrontate in questo lungometraggio. Uno di questo è appunto quello della solitudine. Alienazione totale, che comprende tanto la mente quanto il fisico del protagonista, del bellissimo protagonista: Brad Pitt. Per quanto bello e affascinante sia quest’uomo il lungometraggio non otterrebbe questo risultato finale se non fosse anche bravo. La solitudine, la ricerca di una speranza e di un passato che fatica ad abbandonare passa anche attraverso i suoi meravigliosi occhi (nel caso non l’abbiate capito adoro Brad Pitt ma d’altronde chi non lo ama?). Ad Astra è un titolo che non va inteso come il classico film di fantascienza che racconta di avventure. È una pellicola intima che si concentra sull’indagare l’animo umano, per quanto esso possa essere perso all’interno della vastità dell’universo.
Scegliete dunque il titolo che preferite o guardateli entrambi e cercate non solo di cogliere tutti i messaggi di cui questi due film si fanno portatori. Apprezzate anche come, per quanto differenti siano, riescono a portare in scena il tema intimo eppure affascinante (a livello cinematografico) della solitudine.
Nel caso te lo fossi perso…
- Wakefield, Robin Swicord, 2016
- Ad Astra, James Gray, 2019
Sei bravissima!!! 👍🏽
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[…] da il cinema della figura mitologica del vampiro (Vampiri: la memoria del tempo), la solitudine (La Solitudine al Cinema) e ancora il teatro, antenato del grande schermo (Il Teatro al Cinema), i musical (Moulin Rouge!, […]
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