Jules Bianchi

Jules Bianchi Il film che ti sei perso

Sono passati 4 anni dalla tu morte. Sono anni che penso di scrivere questa cosa. Sono giorni che mi torni in mente e oggi, proprio oggi, in questo triste anniversario ci provo. Interrotta mille volte da mamma, dal telefono, dal gatto, da persone che oggi hanno l’animo sereno mentre il mio è triste e pensieroso. Questa mattina, più del solito penso alla morte, al non senso della vita, all’assurdità dell’esistenza. Perché proprio tu? Perché sei dovuto morire così giovane? Eri una promessa per il mondo, un talento nato, una certezza, un amico, un figlio, un fratello e rappresentavi un sogno per molti. Per me, per la precisione, rappresentavi tutto ciò che c’è di bello: eri la tenacia, la forza di volontà, la passione e il sogno.

Amo la Formula 1, sebbene molti pensino che io la ammiri e ne sia diventata dipendente perché sono stupida o perché mi piace vedere dei ragazzi correre o chissà quale stupido motivo si inventano le persone per cercare di giustificare una cosa che non capiscono. Io so bene come ci sono arrivata ad amare questo sport, so bene quanto mi è stato d’aiuto. La Formula 1 è stata la mia ancora di salvezza, un porto sicuro quando navigavo, o per meglio dire, affondavo in un mare nero colmo di disperazione, dolore e sofferenza. La Formula 1 è stata la luce nella mia notte più buia. I piloti di Formula 1 sono tra gli uomini che più ammiro al mondo. Voi tutti per me siete una vera, pura boccata di ossigeno. Oggi, come la prima volta che mi avete salvata.

Poi tu sei morto. Non ho amato meno le corse, non ho smesso di rispettarle o altro. Ho solo capito che non c’è nessun senso, nessuna giustizia, nessun messaggio divino. C’è solo il vuoto in cui tutti barcolliamo fingendo di averci capito qualcosa. Sono stata così fortunata a vedere la Formula 1 di persona, dal vivo. Quei giorni, arrivati dopo così tante lacrime che mi hanno fatto dimenticare tutto il resto, sono stati indubbiamente i giorni più felici della mia vita. Alcune persone hanno sempre pensato male. Hanno sempre creduto che io fossi una delle tante “ragazzotte”, come le chiama mia mamma, che cercava pubblicità, fama, un ragazzo famoso. Qualcuno che mi avrebbe permesso di “attaccare cappello” – altro modo di dire. Eppure io ero lì per mia pura gioia, ero felice davvero. Di una felicità delirante, quella che arriva solo una volta nella vita. Quella che ti fa dimenticare tutto il dolore e che ti travolge, sconvolge e ti inonda di bellezza. Gioia, pura e semplice gioia. Tutto li. Non mi importava di crearmi contatti per un possibile futuro lavoro, non mi importava di cercarmi un fidanzato ricco. Volevo solo vivere in 2 giorni tutto quello che non avevo vissuto prima perché ero finalmente FELICE.

Questa stravolgente sensazione ho avuto il privilegio e l’onore di viverla nel 2007 in Ungheria, nel 2008 in Germania e poi nel 2012 a Monza. Dio come mi sono sentita benedetta dal Signore. Quante persone possono dire di aver vissuto giorni così felici? Porto nel cuore e conservo nell’anima il ricordo prezioso di quei giorni.

Poi, un giorno come tanti, uno dei primi che caratterizzava la mia vita da studentessa universitaria al primo anno arrivasti tu. Ricordo perfettamente, ero piccola e ingenua. Spaesata. Studiavo a Milano e arrivavo da una piccola città che, nonostante faccia provincia, rimane un grande paese ai piedi delle montagne. Ero spaventata più di quanto osassi ammettere ed ero entusiasta e convinta di avere il mondo in mano. Esattamente come accade a tutti i giovani. Noi proviamo a dire il contrario, a sostenere che no, non è vero, non siamo tutti uguali. Eppure c’è quel periodo di gioventù, a cavallo tra l’adolescenza e l’età adulta, che contraddistingue tutti i giovani sotto il segno dei sognatori e dell’arroganza. Tutti noi, nonostante la vita ad alcuni, prima di altri, abbia insegnato il contrario, pensiamo di avere tempo e possibilità. In un giorno come questo, ricordo perfettamente, arrivasti tu. Era sera o tardo pomeriggio. Il giorno si stava comunque avviando alla conclusione. Io ero davanti al mio vecchio computer e stavo, come si sul dire, cazzeggiando su FB quando tu mi scrivesti un messaggio. Noi eravamo amici su FB semplicemente perché, dopo il mio entusiasmo per le esperienze vissute nel 2007 e 2008, avevo cercato di chiedere amicizia a tutto il mondo del motor sport solo perché pensavo che era bello sentirmi parte di un mondo che in realtà ho solo avuto il privilegio di viverlo due volte. (Si, perché questa storia è avvenuta prima del 2012). Per puro caso, per pura fortuna. Comunque dicevo. Ti avevo chiesto l’amicizia, a te come a tanti alti. Eppure tra tutti i miei contatti proprio tu, una sera come tante mi scrivi in chat privata. Leggo e penso: “Ma chi è?” Controllo il tuo profilo prima di risponderti e mi rendo conto che sei un pilota di GP2. Ti rispondo e scopro che mi hai scritto perché mentre vagavi sulle mie foto ti eri soffermato sul mio album di foto della F1. La mia privata, preziosissima, collezione. Di cui oggi come allora vado molto fiera. Mi scrivi e mi chiedi come ho fatto ad andare nel paddock, come ho potuto avere tutte quelle belle foto perché nemmeno tu, un pilota di una formula minore, non riesci ad andarci e ottenere quei pass. Io ti dico la verità: fortuna e papà. Lui conosce uno che conosce l’altro e per una pura questione di fortuna e di un paio di contatti telefonici giusti sono riuscita ad avere quei preziosi biglietti. Allora parliamo un po’ io e te. Tu mi dici che sogni di correre in F1, mi chiedi se ho la patente. Ti rispondo di si, evitando di dirti che nonostante ami la velocità ho paura di guidare perché non mi fido delle mie capacità. Ti dico che ho la patente ma ti scrivo anche che di sicuro non guido come te. Tu ridi. O almeno è quello che hai scritto dietro lo schermo di un pc. A questo punto non so per quanto la conversazione sia andata avanti. Ricordo solo che proprio – Dio le coincidenze! – un paio di giorni prima il mio ex migliore amico, nonché il mio ex coinquilino, mi aveva detto che sono una persona fredda. Con la quale è difficile approcciarsi e per questo mi aveva dato due consigli. Semplici. Chiama per nome le persone quando le saluti, a loro fa piacere e prova a lasciarti andare. Non aspettare sempre che gli altri ti vengano incontro. Prova tu una volta a dare il tuo numero se uno ti sta simpatico. Così ho fatto. Per la prima e unica volta in vita mia – perché te l’assicuro Jules, tu sarai la mia eccezione, decido di seguire quel consiglio e concludo la conversazione dandoti il mio numero di telefono. Tu mi dai il tuo e ci sentiamo ancora, questa volta per messaggi telefonici, un altro paio di volte. Mi scrivi una sera dicendomi che sei tornato da una cena a Maranello e che hai mangiato una pasta buonissima. Chissà perché mi ricordo di questa stupida storia della pasta. Non so, non ci siano più sentiti. Ti ho lasciato andare con l’arroganza di una giovane ragazza stupida che pensa di avere il mondo in mano e soprattutto tempo. Poi, così, semplicemente come sei arrivato, per caso, improvvisamente, te ne sei andato via dalla mia vita. Un paio di giorni, nulla più. Qualche messaggio e qualche risata. Passa il tempo, procedo con i miei studi e poi uno? Due? Non ricordo quanti anni dopo, a marzo, accendo la TV, ascolto la telecronaca di F1 e sento che in griglia di partenza c’è un nuovo pilota, di nome Jules Bianchi. E io sorrido, penso: “Ce l’ha fatta! Ha realizzato il suo sogno!!” Ero così felice per te, ho anche pensato: “Ma che cretina che sono stata, avremmo potuto continuare a sentirci ogni tanto. Oggi gli avrei mandato l’in bocca al lupo per la sua prima gara da pilota di Formula 1.” Ma non oso farlo. Ho ancora il tuo numero di telefono ma non lo uso. Sono solo fiera di te, come un’amica. Passa il tempo e tu fai una gara incredibile a Montecarlo e guadagni i tuoi primi punti. Allora prendo coraggio e ti scrivo, su FB, nella tua nuova pagina, che da privata si è trasformata in quella di un pilota che anzitutto protegge, giustamente, la sua privacy. Quindi ti scrivo, ho ancora quel messaggio. Ti scrivo queste parole:

Ciao Jules!
Scusami se ti disturbo. Non so se ti ricordi di me, qualche anno fa, quando ancora correvi in GP2 ci sentimmo su fb. Ricordo che tu mi chiedesti come ero riuscita ad andare a vedere la F1 perché avevi visto il mio album di fotografie. Ricordo che commentammo che era una bel sogno andare a vedere la F1, oggi che ti ho visto guadagnare quei punti e fare quella bella gara non ho potuto non pensare a quelle conversazioni!!
Sono proprio contenta per te e ti faccio un grosso in bocca al lupo per tutto.

Mi piacerebbe chiederti l’amicizia ma avendo tu troppe richieste, fb mi blocca. Se ti fa piacere puoi sempre inviarmi tu la richiesta di amicizia!
Giorgia

Tu non lo visualizzi. Me l’aspettavo, ci speravo che lo leggessi e che ti ricordassi di me ma nulla. Il tempo passa e poi… e poi tu fai quell’incidente. La storia già la conosci. Tu il 17 luglio 2015 muori. Lasci questo mondo. Ricordo perfettamente quando l’ho scoperto. Mi sono svegliata la mattina del 18 luglio allegra, una cosa strana per me. Di solito mi alzo arrabbiata perché amo dormire e detesto alzarmi. Mi sveglio stranamente felice, faccio colazione. Appena mi siedo accendo il cellulare, come d’abitudine. Accendo e leggo una serie di messaggi che… “No, non può essere.” “Dimmi che non è vero!” Controllo su internet. È vero, tutti ne parlano. Jules Bianchi è morto all’età di 25 anni. Proprio tu, l’amico che non ho voluto conoscere, il pilota che guardavo da lontano con un sorriso sul viso, non perché io ci abbia mai provato con te o viceversa. Nulla di così profondo o banale e stupido. Semplicemente perché tu eri arrivato dove sognavi di arrivare ed io avevo avuto l’onore di parlarti insieme e di pensare che ti meritavi davvero quel sogno. Tu, che sognavo di vederti conquistare il titolo mondiale dalla mia televisione di casa e vedendoti vincere avrei detto, con una lacrima, perché so che sarebbe scesa (sono una dal cuore tenero in fondo, a dispetto di quello che mostro agli altri): “Sono fiera di te!” e invece, quella mattina. Le lacrime sono presto diventate un vero e proprio pianto, mia mamma, che siede alla mia sinistra mi guarda e mi chiede cosa sia successo. Riesco solo a dire: “È morto” “Chi?” “Jules Bianchi. È morto…”

Piango, mi dispiace. Mi dispiace ogni singolo giorno della mia vita che tu non ci sia più. Oggi sono più vecchia di te, oggi ho 29 anni, amo la Formula 1 come il primo giorno eppure c’è qualcosa di strano: sono più vecchia di te. Tu sei fermo nella bellezza dei tuoi quasi 26 anni. Sei fermo, per sempre così. Come una promessa mai sbocciata, come un ragazzo che meritava il suo sogno ma che il destino si è portato via. Jules, mancherai sempre e per sempre alla Formula 1. Mi mancherai sempre e per sempre. Sono sconvolta al pensiero di aver avuto l’onore immenso di aver scambiato con te alcune parole, private, sul tuo sogno e sulla mia, oso dire, nostra passione. Tu, tra tutti i piloti che corrono e hanno corso in Formula 1. Il destino mi ha permesso di avvicinarmi al sogno che mi ha aiutata rialzarmi come nessun’altro ha fatto, per ben 3 volte. Tra tutti i miei idoli e quelli che definisco eroi ho avuto l’onore e il privilegio di parlare (anche se sarebbe più corretto dire scrivere) proprio a te. Destino. Fato. Caso. Non lo so.

Non ho prove per dimostrare quello che ho detto ma quello che ho scritto non l’ho scritto per gli altri o per me, l’ho scritto per te. Io so che è vero e l’ho voluto mettere nero su bianco per ricordarmi, per ricordarti e per pensare che no, non è stato un sogno. Io ho davvero avuto questa fortuna. Non so perché la mia buona stella sia così brillante. Dopo tante lacrime ho potuto essere travolta dalla felicità. Ho avuto il piacere di scambiare due parole con te, che te ne sei andato troppo presto. Non c’è giorno in cui non pensi che dal mio dolore sono rinata, sono – a fatica tornata a sorridere. Grazie anche e soprattutto all’esistenza della Formula 1 e di voi piloti. Sono andata avanti e tu sei rimasto indietro, non certo per tua volontà. Quindi oggi, nel giorno dell’anniversario della tua scomparsa ti dico questo: Grazie di essere esistito e di avermi personalmente fatto capire che ogni tanto i nostri sogni, diventano davvero realtà.

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5 pensieri riguardo “Jules Bianchi”

  1. Bellissimo e molto emozionante omaggio, Jules resterà per sempre nel cuore di chi l’ha amato e continua ad amarlo anche se non si dove sta ora oltre al nostro cuore. Da allora quella mattina quando ho scoperto la notizia la odio, nulla più è stato lo stesso, l’unica cosa che da un po’ solievo e poter ogni mattina veder la sua foto sulla scrivania dove da quasi 4 anni c’è la rivista autosprint uscita poco dopo la sua morte, c’è chi mi critica, prende in giro per averlo li ma a me non interessa è l’unico modo per aver un po’ di solievo dal dolore della sua morte ancora oggi molto forte.
    #ForzaJules #CiaoJules #Julesforever ❤️❤️❤️

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